Quando nell’87 aprimmo l’erboristeria ci trovammo di fronte alle richieste più strampalate, dalla signora che ci chiedeva un chilo di arance al giovanotto che voleva l’erba da fumare… e un giorno un signore ci chiese l’erba della paura.
Di fronte a questa richiesta sia io che mamma restammo basite, perché nessuno dei nostri libri parlava di quest’erba, evidentemente così definita nella tradizione popolare ma a noi sconosciuta, nonostante la nostra famiglia fosse toscana da più generazioni…
Abbiamo poi scoperto che l’erba della paura altro non è se non la siderite, ovvero la stachys recta, che viene considerata un’erba stregona, sempre circondata da un’aura di mistero, e che poche ditte vendono, giacché è richiesta quasi esclusivamente nella nostra regione mentre altrove se ne ignora l’esistenza.
Tant’è che una volta, facendo l’ordine delle erbe, mi sono sentita chiedere dall’addetta all’altro capo del telefono a cosa mai servisse questa siderite che pure avevano in listino, e avendoglielo brevemente spiegato, l’ho lasciata in preda a un attacco di risa per la nostra incredibile creduloneria.
Già, come si fa a credere che ci sia una pianta che lava via la paura?
In Toscana tuttavia, quest’erba un tempo spontanea e ora perlopiù introvabile, chiamata volgarmente erba della paura, è conosciuta da tutti, o meglio da parecchi, per il suo uso esterno, e il popolo l’utilizza da tempi remoti per curare tutte quelle sensazioni di agitazione ed ansia, dovute a piccoli o grandi spaventi, soprattutto per i bambini ancora incapaci di motivare il perché della loro paura.
La raccolta di questa pianta viene effettuata, tradizionalmente, il 24 giugno, solstizio d’estate e giorno dedicato a San Giovanni, viene poi conservata in mazzetti, anche se ora si trova perlopiù in taglio tisana, da prendere col mestolo.
La sua preparazione è semplice, si mette una dose, di circa un pugno, in 2 o 3 litri di acqua fredda e si fa poi bollire lentamente il tutto per circa 30 minuti, ovviamente col coperchio, poi si spegne il fuoco e si cola, usando infine l’acqua così ottenuta una volta che si sia intiepidita.
Alcuni aggiungono un rametto di foglie di ulivo benedetto, un pizzico di sale e un pezzetto di pane, ma pare che sia efficace anche senza questi accorgimenti.
Il decotto ottenuto servirà a farsi “lavare” la paura. Il lavaggio deve sempre essere fatto da un’altra persona e con la stessa mano.
Si detergono il viso e il collo, gli avambracci e le mani, le gambe e i piedi, il tutto ripetuto complessivamente per tre volte. Mentre si fa questa operazione deve essere pronunciata questa piccola preghiera:
Col nome di Gesù e di Maria
La paura la vada via
Col nome di Gesù e di San Pietro
La paura ritorni indietro.
Si ripeterà per tre giorni successivi che non siano il martedì e il venerdì, quindi i giorni giusti saranno il sabato, la domenica e il lunedì , ovvero i giorni senza la erre.
Il risultato sarà immediatamente visibile fin dal primo lavaggio, se nel liquido prima limpido si formerà una specie di muschio, di borraccina, allora la paura c’è.
E questa densificazione dovrebbe diminuire al secondo lavaggio fino a scomparire con il terzo. Qualora questo non avvenisse si può ripetere il tutto, o abbinare ai lavaggi qualche fiore di Bach, per agire anche a un livello più sottile.
Se invece non fosse la paura il motivo dell’inquietudine della persona, allora l’acqua rimarrà limpida fin dal primo lavaggio, ma avrà ugualmente un effetto rilassante.
Molti di quelli che hanno sentito parlare di quest’erba e del suo utilizzo hanno senz’altro pensato a una sciocca superstizione, ma di fatto viene usata da tanto tempo, anche su soggetti poco influenzabili come i neonati, ottenendo con semplicità un effetto benefico. Quando qualcuno ha subito uno spavento, sia questo dovuto a un incidente, a un’immagine cruenta, a un film dell’orrore, qualche pizzico di quest’erba selvatica può essere la soluzione che abbiamo a portata di mano e che non presenta spiacevoli effetti collaterali.